Spina calcaneare, cos’è e come curarla!

È vero che è la spina calcaneare a far male ? 

La spina calcaneare è la deposizione di sali di calcio a livello dell’entesi, zona della fascia plantare che si inserisce sull’osso calcagno.

Quali sono le cause? 

L’osso è coperto da una membrana fibrosa di tessuto connettivo, chiamata periostio. Quando la fascia plantare è estremamente rigida trazionando il periostio, creando i presupposti per la precipitazione dei sali di calcio , i quali riempiono lo spazio creato dal distacco graduale del periostio.

È proprio vero che la spina calcanerare fa male ? 

Sono davvero molto le persone che, effettuando una radiografia scoprono di avere una spina calcaneare, nonostante non abbiano mai avuto dolore sotto al tallone o sotto la fascia plantare. La spina c’è sempre stata, magari anche da molto tempo ma non ha mai fatto male. Perchè questo? Sostanzialmente, è la conseguenza di un eccesso di retrazione della fascia plantare che genera un infiammazione a livello della sua giunzione osteotendinea del calcagno, è proprio questa giunzione osteotendinea che fa male , NON È la spina che da dolore.

Trattamento 

Agire eliminando il pocesso infiammatorio acuto grazie al laser ad alta potenza, combinato ad un approccio miofasciale, finalizzato ad eliminare la retrazione della fascia plantare e della catena muscolare posteriore responsabile dell’infiammazione.

La spina calcaneare e la fascite plantare sono strettamente interconnesse , lo sapevi?

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Fascite plantare e spina calcaneare vittime della stessa causa

Dolore alla spalla

Il dolore alla spalla è un sintomo che interessa almeno 1 delle 5 articolazioni che costituiscono quest’importante complesso articolare

Le strutture che più frequentemente sono oggetto di dolore ed infiammazione coinvolgono l’articolazione gleno-omerale , in particolare la cuffia dei rotatori, cioè una struttura composta da 4 muscoli e rispettivi tendini, i quali avvolgono la testa omerale e la stabilizzano alla cavità glenoidea (sovraspinato, infraspinato, sottoscapolare, piccolo rotondo).

Sintomi

Quando 1 o più tendini di questi 4 muscoli subiscono un processo infiammatorio o degenerativo insorgono sintomi , come:

-Arco di movimento doloroso dai 60 ai 90 gradi

-Talvolta volte fitte dolorose durante il movimento di ritorno verso la posizione di riposo del braccio

-Presenza di calore e lieve gonfiore quando c’è un forte stato infiammatorio

Tuttavia, in una percentuale dei casi, il dolore va via nell’arco delle 3-4 settimane ,mentre in altri l’infiammazione può cronicizzarsi determinando una degenerazione dei tendini 

Da cosa è causata l’infiammazione e/o degerenazione tendinea?

I tendini sono delle strutture che hanno una determinata resistenza ,quindi capaci di sostenere fino ad un certo livello di carico; pertanto si innescano i processi infiammatori e/ o degenerativi per 2 motivi :

  1. Quando si trovano costretti e sostenere tensioni o carichi eccessivi per le loro capacità 
  2. In seguito ad eventuali conflitti che i tendini possono subire durante i movimenti contro il processo acromiale(impingement sub-acromiale)

Quali sono i 3 motivi per cui i tendini subiscono carichi di lavoro eccessivi e/o un conflitto sub-acromiale?

  1. Debolezza dei 4 muscoli della cuffia dei rotatori: i quali, impedendo un corretto centramento della testa omerale, essa si trova dinamicamente mal posizionata durante i movimenti causando un impingement sub-acromiale.
  2. Scarso allenamento muscolo-tendino della cuffia: cioè i tendini, come per i muscoli, se non allenati diminuiscono le capacità di resistenza al carico quindi saranno suscettibili a lesioni, degenerazioni e infiammazioni.
  3. Errata postura scapolare: una scapola troppo anteriore e depressa facilita la collisione fra i tendini ed il processo acromiale causando l’impingement sub-acromiale, lesione e infiammazione dei tendini

Trattamento

Il trattamento di una tendinopatia,lesione tendinea e/o tendinite di spalla è finalizzato a

  1. Eliminare l’infiammazione grazie alla terapia fisica strumentale e crioterapia
  2. Attenuare lo stress meccanico del tendine attraverso delle tecniche ed esercizi che migliorano la postura e mobilita della scapola, eliminando così il conflitto sub-acromiale
  3. Esercizi di rinforzo della cuffia dei rotatori migliorando le capacità di risposta al carico dei tendini e le capacità di centramento della testa omerale durante i movimenti della spalla.

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Osteopatia ed Epicondilite

Definizione

Osteopatia ed Epicondilite

L’epicondilite o gomito del tennista è una sindrome dolorosa localizzata sulla regione osteo-tendinea esterna del gomito ,causata da infiammazione e/o degenerazione dei tendini estensori del polso e della mano.

Cause

Le cause dell’epicondilite sono riconducibili a ripetuti o eccessivi stress meccanici che danneggiano tendini estensori del carpo. Questa somma di microtraumi , comporta nel tempo  una degenerazione progressiva ed infiammazione della guaina esterna dei tendini estensori ,chiamata Peritenonio.

Quali sono le persone più a rischio?

-Tennisti o giocatori di Padel

-Culturisti

-Pittori

-Camerieri

-Idraulici

-Eccessivo utilizzo del mouse

Sintomi

Dolore sulla regione osteo-tendinea esterna del gomito che può irradiarsi lungo l’avambraccio; Il dolore peggiora con la palpazione del punto dolente e durante ripetuti movimenti di prono-supinazione e/o flesso estensione del polso e gomito.

Trattamento e cura

Essendo il tendine una struttura poco vascolarizzata , il tentativo di curare questa patologie con un intervento di tipo farmacologico non reca alcun beneficio.

Le raccomandazioni terapeutiche sono:

-Ghiaccio 3 o più volte al giorno

-Laser ad alta potenza

-Onde d’urto

Ma perché questi approcci sono talvolta inefficaci?

Essendo i tendini una zona di ancoraggio osseo delle catene miofasciali , quando esse diventano rigide (in seguito a movimenti ripetuti), i tendini subiscono un eccesso di stiramento.

Quindi è essenziale detendere ed allungare  le catene miofasciali che continuamente mettono continuamente sotto stress meccanico i tendini estensori, grazie a:

1)Tecniche decontratturanti

2)Allungamenti miofasciali

3)Esercizio posturali

Artrosi, una cura efficace

L’artrosi, è una patologia articolare degenerativa che colpisce le articolazioni del corpo umano; può interessare diverse articolazioni come ginocchia le anche, le mani e la colonna vertebrale.

Cosa pensano i pazienti quando leggono un esame strumentale che riporta artrosi?

La maggior parte dei miei pazienti è spaventata e rassegnata quando viene a conoscenza che una o più articolazioni presenta artrosi, perché viene associata per lo più agli interventi di protesi (anca, ginocchio, spalla ecc…).

Dobbiamo davvero spaventarci quando leggiamo artrosi su un referto?

L’artrosi è davvero molto diffusa all’interno della popolazione il più delle volte in maniera completamente asintomatica.La gravità dell’artrosi non è correlata alla gravità dei sintomi; cioè è possibile che un’artrosi grave può essere meno sintomatica di una condizione artrosica anche di lievissima entità. Questo perchè il dolore è legato fondamentalmente al sovraccarico articolare anzichè che al naturale processo di invecchiamento dell’articolazione.

Cause dell’artrosi

Il sovraccarico meccanico può essere un fattore importante nello sviluppo dell’artrosi. Le articolazioni sono progettate per sopportare un certo livello di carico e stress, ma se questo carico supera la capacità di tolleranza dell’articolazione, danneggiando la cartilagine articolare ed innescando una risposta infiammatoria dell’articolazione

Sintomi.

I sintomi più comuni di artrosi sono:

1.         Rigidità dell’articolazione interessata (al risveglio)

2.         Dolore dell’articolazione,

3.         Dolore nelle zone adiacenti all’articolazione

4.         Dolore che si accentua quando si sta per molto tempo fermi.

Trattamento

Abbiamo già visto come i microtraumi provocati dal sovraccarico meccanico possono innescare un processo artrosico.

Risulta fondamentale il ruolo del fisioterapista/osteopata agire su 2 fronti :

1)Riequilibrare ed attenuare le forze meccaniche che agiscono sull’articolazione attraverso un analisi e trattamento biomeccanico-posturale

2)Stimolare la matrice cartilaginea grazie alla fotobiomodulazione anabolica ad alta potenza , combinata con integratori alimentare a base di glucosammina e condroitina(Fig 1 e 2)

Davvero bisogna spaventarsi quando si legge artrosi su un referto strumentale? La risposta è no, è opportuno prevenire l’accumulo di microtraumi attraverso un programma su misura per il paziente prima che la chirurgia diventi l’unica soluzione percorribile

Cos’è l’Artrite Reumatoide?

Cos’è l’Artrite Reumatoide?

L’artrite reumatoide (artrite reumatoide) è una malattia cronica che provoca dolore, tumefazione e rigidità articolare con limitazione del range del movimento e della funzione delle articolazioni interessate. Sebbene l’articolazione sia la parte dell’organismo più coinvolta, l’infiammazione può svilupparsi anche in organi interni (come polmoni, reni, cuore, sistema nervoso, vasi sanguigni, occhi).

La rigidità osservata quando la malattia è in fase attiva è più intensa la mattina al risveglio e può durare da una a più ore estendendosi, nei casi più severi, all’intera giornata. La durata della rigidità è molto importante perché differenzia l’artrite reumatoide da altre artropatie, come ad esempio, l’osteoartrosi in cui la rigidità mattutina è di circa 10-20 minuti.

Le articolazioni più frequentemente coinvolte sono quelle piccole delle dita delle mani, i polsi, i piedi, le ginocchia e le caviglie; più raro è il coinvolgimento di anche, spalle, gomiti e rachide. L’interessamento abitualmente è di solito simmetrico: se è coinvolto il polso destro spesso è colpito anche il polso sinistro.

Il paziente, inoltre, può riferire dei sintomi noti come “extra-articolari” e che possono essere indicativi di un coinvolgimento sistemico della malattia; fra questi ci sono: stanchezza, malessere generale, perdita di peso, indolenzimento muscolare (mialgie), febbre, secchezza degli occhi e della bocca (condizione nota come sindrome di Sjogren secondaria all’artrite reumatoide), riscontro di anemia, infiammazione dei tendini, presenza di piccole nodosità dolenti note come “noduli reumatoidi” che compaiono comunemente sotto la cute dei gomiti e degli avambracci.

Qual è la causa dell’Artrite Reumatoide?

Sebbene la causa della malattia sia ancora ignota, i dati delle più recenti ricerche in campo scientifico evidenziano alcuni fattori che sono importanti nell’attivazione e nel mantenimento dell’infiammazione. L’organo bersaglio principale dell’infiammazione è la membrana sinoviale, costituita da cellule che rivestono l’articolazione: tale membrana produce liquido sinoviale necessario per la lubrificazione e il nutrimento della cartilagine articolare. Le sostanze ad azione pro-infiammatoria rilasciate dalle cellule immunitarie determinano il gonfiore e il successivo danno della cartilagine e dell’osso presenti all’interno dell’articolazione.

Chi può essere affetto da Artrite Reumatoide?

L’artrite reumatoide è la forma più comune di artrite infiammatoria che interessa circa lo 0.5% della popolazione adulta, circa 4000 pazienti nell’area metropolitana di Bologna. È più frequente nei soggetti di sesso femminile tra la quarta e la sesta decade di vita, comunque può interessare qualsiasi fascia di età.

Qual è l’esordio e la progressione della malattia?

In molti casi i sintomi compaiono gradualmente (nel corso di settimane o mesi); di solito il paziente avverte al mattino una rigidità nei movimenti delle mani, o comunque delle articolazioni interessate, che migliora nel corso della giornata. Questo disturbo inizialmente può essere periodico per poi diventare persistente e associarsi a dolore e gonfiore delle articolazioni. La maggior parte dei pazienti con artrite reumatoide presenta dei periodi acuti alternati a periodi di relativo benessere; la disabilità che ne deriva è secondaria al danno articolare che si sviluppa nel tempo e che è secondario all’infiammazione. 

Come viene diagnosticata l’Artrite Reumatoide?

L’artrite reumatoide può essere difficile da diagnosticare all’esordio poiché può iniziare gradualmente con scarsi sintomi e diverse malattie, specialmente all’esordio, possono avere un comportamento simile. Per questo motivo i pazienti con sospetto di artrite reumatoide dovrebbero essere valutati da un reumatologo per la conferma diagnostica e per la somministrazione di una corretta terapia.

La diagnosi di artrite reumatoide si pone in base ai sintomi riferiti dal paziente e ai segni osservati durante la visita medica, come ad esempio il calore, la tumefazione e la dolorabilità articolare. Gli esami di laboratorio a volte possono essere di aiuto per la conferma diagnostica (presenza di anemia, positività del fattore reumatoide – un anticorpo riscontrato nell’80% dei pazienti con artrite reumatoide, o degli anticorpi anti-citrullina (anti-CCP) che hanno una specificità del 98% per l’artrite reumatoide; aumento della velocità di eritrosedimentazione – VES, e/o della proteina C reattiva.

La radiografia può essere molto utile nella diagnosi ma non evidenzia alcuna anomalia nelle prime fasi della malattia (3-6 mesi). Sempre più rilevante appare, invece, l’uso dell’ecografia articolare, molto più sensibile rispetto alla radiografia tradizionale (soprattutto nella fase iniziale) e più economica rispetto alla risonanza magnetica, nel documentare l’ipertrofia della membrana sinoviale e l’intensità dell’infiammazione articolare e peri-articolare.

È importante ricordare che per la maggior parte dei pazienti (specialmente coloro che presentano i sintomi da meno di 6 mesi) non esiste un test specifico che confermi la diagnosi di artrite reumatoide ma la diagnosi si pone attraverso una valutazione specialistica dei sintomi e soprattutto dei segni clinici.

Qual è la terapia dell’Artrite Reumatoide?

La terapia dell’artrite reumatoide è migliorata enormemente negli ultimi 25 anni offrendo ai pazienti un soddisfacente controllo dei sintomi e la possibilità di conservare i normali ritmi della routine quotidiana (attività lavorativa, faccende domestiche, hobbies, etc…).

Dal momento che non esiste una cura definitiva, obiettivo dei trattamenti è quello di ridurre i sintomi del paziente e migliorare la disabilità attraverso una terapia medica appropriata e iniziata il più rapidamente possibile, prima che le articolazioni interessate dall’infiammazione vengano danneggiate in modo permanente.

Non esiste un singolo farmaco efficace per tutti i pazienti e spesso molti di essi devono ricorrere a diverse modifiche terapeutiche nel corso della loro malattia. Il trattamento ideale richiede una diagnosi precoce, quando la malattia è in fase iniziale (< 6 mesi), ed un trattamento aggressivo. Per ridurre rapidamente l’infiammazione articolare e l’intensità dei sintomi la terapia di prima linea si avvale dei farmaci antinfiammatori non steroidei (cosiddetti FANS), come ibuprofene, naprossene, diclofenac, ketoprofene e i più recenti COX2-inibitori (celecoxib, etoricoxib). Inoltre, i corticosteroidi come il prednisone possono essere somministrati per bocca o per via intrarticolare.

Tuttavia, i pazienti con tumefazione articolare persistente non rispondono alla sola terapia con FANS e corticosteroidi, per cui solitamente iniziano il trattamento con i farmaci anti-reumatici modificanti il decorso della malattia (i cosiddetti DMARDs). Questi farmaci migliorano notevolmente i sintomi, la funzionalità articolare e la qualità di vita della maggior parte dei pazienti con artrite reumatoide.

I DMARDs utilizzati sono: il metotrexate (Methotrexate, Reumaflex), la leflunomide (Arava), gli antimalarici (Plaquenil, Clorochina), ciclosporina (Sandimmun), la sulfasalazina (Salazopyrin En). Negli ultimi anni il trattamento delle artropatie infiammatorie si avvale dell’uso di farmaci, noti come modificatori della risposta biologica o “agenti biotecnologici”, che agiscono specificatamente su alcune molecole prodotte da cellule del sistema immunitario e che determinano l’infiammazione e il danno articolare e degli organi eventualmente coinvolti.

Questi farmaci rallentano la progressione della malattia e vengono somministrati al fallimento delle terapie convenzionali. I trattamenti approvati dalle più importanti agenzie del farmaco sono: infliximab (Remicade), l’adalimumab (Humira), etanercept (Enbrel), anakinra (Kineret), abatacept (Orencia), rituximab (Mabthera), tocilizumab (Ro-Actemra), golimumab (Simponi), certolizumab (Cimzia). Da poco tempo è stato approvato anche l’uso dei farmaci biosimilari, medicinali biologici autorizzati dall’Agenzia Europea dei Medicinali (European Medicines Agency – EMA) simili per qualità, efficacia e sicurezza al prodotto biologico di riferimento. La disponibilità dei prodotti biosimilari rappresenta un fattore importante per il mantenimento della sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale. In alcuni casi questi farmaci sono somministrati da soli, cioè senza associazione con altri farmaci immunosoppressori, ma nella maggior parte dei casi, per una maggior efficacia, sono somministrati contemporaneamente al metotrexate. Prima di iniziare il trattamento con i farmaci biologici è importante escludere la presenza di malattie infettive latenti o pregresse, come la tubercolosi o le infezioni da virus dell’epatite o HIV, o neoplasie.

Il trattamento ideale richiede, comunque, un approccio multispecialistico con la collaborazione tra medici reumatologi, medici di medicina generale, ortopedici, fisiatri (sia per la terapia fisica che occupazionale), psicologi.

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